Reumatologi, non modificare o sospendere terapie
L'infezione da Covid-19 nei pazienti reumatologici non è particolarmente frequente e il rischio di contagio non sembra essere aumentato. Quando però il virus colpisce persone con queste patologie, la prognosi può essere severa. Emerge da "Control-19", il primo registro avviato al mondo sul coronavirus nei malati reumatologici. Il progetto è promosso dalla Società Italiana di Reumatologia (Sir) e i primi dati sono relativi a 165 pazienti che hanno contratto l'infezione. La ricerca è presentata in una conferenza stampa online in occasione del congresso Eular (European League Against Rheumatism). L'età media dei pazienti è 62 anni e oltre l'80% proviene dalle Regioni del Nord più colpite. Le patologie al momento dell'infezione erano: artrite reumatoide (35%), spondiloartrite (21%), connettiviti (19%). Più del 50% aveva almeno due malattie. I pazienti erano per il 70% ricoverati e nel 7% dei casi si è resa necessaria la ventilazione meccanica in terapia intensiva.
"Sono dati preliminari e relativi a marzo e aprile - rileva Luigi Sinigaglia, presidente Sir - andranno analizzati bene. La confluenza dei nostri dati nei registri internazionali, come quello patrocinato da Eular, ci consentirà di disporre di informazioni preziose. La Sir ribadisce l'invito a proseguire con le terapie e a non modificare il trattamento poiché la maggior parte delle infezioni si sono verificate in pazienti con malattia non completamente controllata". La reumatologia è stata al centro dell'attenzione in particolare nelle prime fasi della pandemia, in quanto molti farmaci sono stati proposti anche contro il coronavirus. "Dopo una prima fase di entusiasmo - evidenzia Guido Valesini, vicepresidente Sir - abbiamo cominciato a valutare bene i dati e ad oggi non abbiamo una risposta certa sulla efficacia di molte di queste terapie, né sulla loro potenzialità preventiva". Su clorochina e idrossiclorochina Valesini sottolinea che "l'efficacia è risultata ridimensionata e non sono consigliate per uso al di fuori di studi approvati e in corso". "Vogliamo rassicurare - conclude Valesini - sul fatto che non dovrebbero esserci più problemi di disponibilità di alcuni farmaci".
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